CENNI GEOGRAFICI
Il promontorio del Circeo, alto m. 541 sul livello del mare, si protende nel mare Tirreno a mezza via tra Anzio e Gaeta, e costituisce dal lato di ponente il limite del piccolo golfo di Terracina.
Il massiccio del promontorio è tutto circondato da aree pianeggianti, sicchè non c’è da stupirsi se, specialmente dal mare, esso ha l’apparenza di un’isola.
Ancora oggi entro il cordone litoraneo e a nord-ovest del Circeo sono alcuni piccoli laghi (da nord a sud: il lago di Fogliano, il lago di Caprolace e il lago di Sabaudia, già detto lago di Paola); ed è verosimile che vaste aree lagunari esistessero nell’antichità anche dal lato di Terracina, prima che le alluvioni dei piccoli corsi d’acqua scendenti dai monti Lepini (e specialmente dell’Anasno e dell’Ufente) legassero maggiormente il Circeo con il retroterra.
Ai piedi del promontorio che scende con pendii assai ripidi specialmente dal lato di ovest, si aprono al livello del mare numerose grotte, tra le quali quella più conosciuta oggi è la grotta detta della maga Circe.
IL PALEANTROPO DEL MONTE CIRCEO
Nelle più che trenta grotte naturali litoranee che, a partire dal 1936, Alberto Carlo Blanc ha esplorato nel massiccio calcareo del monte Circeo egli ha constatato l’esistenza di giacimenti paleolitici riferibili a due culture preistoriche: una più antica di tipo musteriano per la quale egli ha proposto la denominazione di pon tiniana, una più recente di tipo aurignaziano medio, per la quale egli ha proposto la denominazione di circeiana.
Le grotte sono dovute a fenomeni di carsismo: le azioni dinamiche e chimiche del mare tirreniano hanno messo in rilievo ed ampliato le cavità costiere durante l’ultimo periodo interglaciale. Successivamente, e cioè nell’ultimo periodo glaciale, vi è stata una regressione marina fino a 100 metri circa sotto il livello marino attuale, sicchè le grotte son rimaste all’asciutto e ancora, nel periodo che dalla fine del periodo glaciale giunge fino a noi, il livello massimo è risalito fino allo zero attuale.
L’uomo ha assistito a questi grandiosi fenomeni naturali di trasformazione dell’ambiente biologico; senonchè, nella regione del Circeo, se si erano già da lungo tempo constatati i giacimenti paleolitici sopra ricordati, mancava il ritrovamento di fossili umani, finchè il 24 febbraio 1939 nella zona litoranea ai piedi di S. Felice Circeo e precisamente in un terreno adiacente all’albergo A. Guattari, in uno scasso di una cava di pietrisco, si rinvenne I’apertura di una antica grotta occlusa da decine di millenni per effetto di una frana caduta dall’alto del monte, e risultante di pietrisco che si era venuto via via cementando. In uno degli antri secondari di questa Grotta Guattari (che porta il n. 32 nella pianta Blanc delle grotte litoranee del Circeo) si rinvenne un teschio umano giacente tra alcune pietre disposte in circolo, insieme con ossa fossili di cervidi, suidi ed equidi. Il cranio, che ora è presso l’Istituto di Antropologia dell’Università di Roma, presenta i più tipici caratteri dei cosidetti uomini di Neanderthal (fronte sfuggente ed appiattita, accentuata platicefalia, ecc.). In relazione al calendario geologico basato sulle variazioni della radiazione solare, calcolato da M. Milankovitch, I’uomo del Circeo dovette appartenere ad un’età che si aggira sui 70.000 anni prima dell’era cristiana.
CIRCE ED ULISSE
La leggenda ha sin da antico tempo localizzato nel Circeo l’abitazione della maga Circe. Per Omero il Circeo è un’isola. Ulisse, salito su un’alta “vedetta di rupi” scorge nella sua interezza il contorno dell’isola
“e il pelago tutto d’intorno la stringe e ghirlanda” (OMERO, Odissea, canto X).
E proprio nel mezzo dell’isola, e in “un’aprica pianara”, l’eroe vede alto levarsi un fumo fra dense boscaglie e fra selve.
E’ la dimora di Circe “maestra di filtri” e al di là del palazzo di lucida pietra abitato da Circe, si vedono tutto in giro “ampie strade”.
Ma il Circeo non è un’isola; è, fin dall’era terziaria, il promontorio di una penisola; e non vi si possono vedere “ampie strade”.
Per conciliare i dati topografici omerici con la realtà del Circeo si è notato che coloro che, come i navigatori greci antichi, osservavano il Circeo da mare non solo vedevano il sole levarsi dietro il promontorio (Circe è ” figlia del sole”), ma erano portati a ritenerlo un’isola, circondato com’è d’ogni lato da lagane e paludi e così pure potevano ritenerlo un’isola coloro che l’osservavano dalla terraferma, avuto riguardo alle paludi e al mare che lo chiudono. Ai limiti della palude sono talora veri boschi di querce e folti macchioni, che hanno, in qualche caso, straordinario rigoglio; e tra questi macchioni sarebbe stato il palazzo di Circe.
IL CIRCEO IN ETA’ STORICA
Circeii fu in tempo assai antico al pari di Cuma, centro di commerci e di cultura ellenica (E. Pais).
Furono i navigatori greci che localizzarono qui il mito omerico di Circe; e tuttavia, secondo un’opinione autorevolmente sostenuta, il nome Circeii non deriva dal nome della maga Circe, ma dalI’aspetto rotondo del promontorio (in latino = circus; in italiano = cerchio, circolo).
Là dove è oggi San Felice, a m. 98 sul mare, sorse una piccola città detta Circeii, che divenne uno dei capisaldi dei Volsci quando questo popolo che, secondo taluni, è originario dell’Illiria, si spinse dalle più recenti sedi umbre verso il Tirreno, sulla fine del secolo VI o agli inizi del secolo V a. C.
A Circeii i Romani dedussero nel 393 a. C. una colonia di diritto latino, la quale, insieme con altre undici colonie, pure di diritto latino, fu tra le poche che rifiutarono aiuti a Roma in occasione della guerra annibalica. Il diritto della cittadinanza Circeii lo acquistà solo al tempo della guerra sociale.
L’esistenza di talune costruzioni di età imperiale sulla costa occidentale del promontorio del Circeo, nella località “Palazzo” non lungi dalla Torre Paola (e cioè sul lago già detto di Paola, ora di Sabaudia) ha fatto ritenere a chiari studiosi – tra cui il Beloch, il De la Blanch re e Th. Ashby – che sulla fine dell’età repubblicana di Roma, o, al più tardi, al principio dell’impero, la città di Circeii si sia trasferita col suo nucleo più notevole presso il lago di Paola.
L’opinione deve considerarsi erronea. E’ verosimile che con i lavori della Fossa Augusta intrapresi da Nerone per unire il lago di Averno ad Ostia per mezzo di un canale navigabile entro terra (TAC., Ann., XV, 42), e con la costruzione delle sponde in muratura di un canale di comunicazione tra l’odierno lago di Sabaudia e il mare, si sia determinato nella regione un maggiore movimento commerciale e una connessa maggiore attività edilizia. D’altra parte sul lago di Sabaudia sono le rovine della villa che Domiziano, amante dei paesaggi appartati e un po’ selvaggi, si fece qui costruire. E’ stata l’esistenza di queste strutture murarie domizianee – prima non identificate come pertinenti ad una villa – a far ritenere agli studiosi che Circeii sia stata trasferita in età imperiale sul lago di Paola.
LA CITTA’
Dell’abitato di Circeii a S. Felice non ci sono giunti che alcuni tratti delle mura poligonali e pochi muri interni in opera reticolata. La città ha pianta grossolanamente rettangolare, ed è attraversata nel senso del decumano dalla sua via principale d’accesso, che viene da Terracina (la Via Severiana).
Il lato meglio conservato delle mura è quello di sud-est, e in esso il tipo del poligonale risulta di blocchi non squadrati nè levigati: tra gl’interstizi, talora assai larghi, sono inserite scaglie di risulta. Lo spessore di queste mura raggiunge talora i 3 metri; le case moderne sovrapposte alle mura hanno rispettato il tracciato antico.
ACROPOLI
Ben più notevole degli avanzi di mura della città sono gli avanzi delle mura dell’acropoli. L’acropoli sorgeva su uno sperone di monte a circa 300 metri di altezza sul mare, e si data, come del resto la murazione urbana a S. Felice, dall’età della deduzione della colonia di diritto latino (a. 393 a. C.). L’acropoli stessa ha approssimativamente la forma di un quadrilatero che angoli e smussi determinati dall’andamento della roccia rendono assai irregolare. Le dimensioni approssimative sono di m. 190 X 95.
L’opera poligonale è, nel suo insieme, assai notevole. I blocchi giungono talora a m. 2,78 di lunghezza in fronte; in qualche punto il muro urbano giunge a m. 5,60 di altezza nella parte esterna, e a m. 4,35 dal lato interno; lo spessore cresce via via con lo scendere della muraglia verso il basso; in un punto che rimane a 3 metri sotto il coronamento (che non è però l’originario) tale spessore è di m. 2,33.
In fronte, dal lato esterno, l’opera poligonale risulta di blocchi bene squadrati, ben levigati e bene uniti sui margini, anche quando la giunzione sia obliqua, o un blocco si incassi in un altro per uno spigolo. Dal lato interno, al contrario, i blocchi sono senza alcuna rifinitura nei contorni, ed hanno le dimensioni più diverse, presentando così quell’aspetto che solitamente vien detto “ciclopico”, è da escludere ovviamente che l’opera appartenga a due periodi diversi, sicchè anche il lato interno è da riportare all’età della deduzione della colonia. Tra le due cortine il riempimento è fatto con scaglie di risulta.
L’acropoli non era abitata: essa serviva unicamente da luogo di difesa in occasione di pericolo;
Nel punto più alto del monte, su una spianata artificiale, son talune vestigia appartenenti con tutta probabilità a un tempio dedicato a Venere o alla dea Circe identificata con Venere vi fu trovata la testa della dea ivi venerata e un’ara dedicata a Circe santissima.
La testa è ora nel Museo Nazionale delle Terme.
VILLA DI DOMIZIANO SUL LAGO DI PAOLA
Particolarmente notevoli sono le rovine di una villa fastosa che è stata dal Lugli assegnata, in ragione soprattutto del tipo delle strutture murarie, e per taluni accenni di Marziale, all’imperatore Domiziano (81-96 d. C.). Nel 1934, col contributo dell’Opera Nazionale Combattenti e poi del Comune di Sabaudia, vi sono stati condotti fruttuosi scavi diretti da G. Jacopi. Tra i ruderi attiravano già l’attenzione, in modo particolare, uno stabilimento termale con tre grandi esedre, due bei colonnati, alcune grandiose cisterne, un piccolo ninfeo sul lago, e altre strutture; con gli scavi Jacopi si è messo in luce, fra I’altro, un quadriportico pavimentato in opus spicatum marmoreo policromo, “esempio forse unico del genere”, e sono stati scoperti anche alcuni pregevoli affreschi parietali a sfondo architettonico, e con figure, di piccole e di grandi dimensioni.
Dalla villa si sono altresì già da tempo recuperate sculture in gran numero, di cui una veramente insigne, e cioè l’Apollo detto di Cassel, che è una replica da un originale famoso, pel quale si è fatto anche il nome di Fidia. In occasione degli scavi Petrini del 1798 si rinvennero altre ventinove tra statue e frammenti di statue, e, tra esse, la statua del satiro col flauto traverso, oggi nel Braccio Nuovo del Museo Vaticano. Alcune sculture, pure provenienti dal lago di Paola, si trovano ora nel Museo Civico di Terracina, dove è altresi un’iscrizione della stessa provenienza, che ricorda un Lucio Faberio Murena, quatuorviro ed edile, che costruì un vivaio per pesci presso il lago di Paola, utilizzando, per la cultura del vivaio, I’alternanza dell’alta e della bassa marea.
Non è improbabile che sia appunto di Faberio Murena quella singolare piscina che è detta volgarmente “piscina di Lucullo”, che non fa parte dei monumenti della villa imperiale.
Tra il Ponte Papale (di Innocenzo XIII, del 1721) e la Casa dei Pescatori son da ricordare anche i resti del canale in muratura costruito per porre in comunicazione col mare la Fossa Augusta neroniana.
Infine è da tener presente che al piede settentrionale del promontorio del Circeo, fra Torre Vittoria e Torre Paola correva la Via Severiana che, provenendo da Terracina, proseguiva per Torre Astura e per Anzio.
S. FELICE CIRCEO
Sulla rocca di S. Felice Circeo, fra le più forti e sicure dello Stato Ecclesiastico, manchiamo quasi completamente di notizie storiche per il periodo anteriore al 1100, all’infuori di scarsi accenni sulle gravi distruzioni subite da parte dei Goti di Alarico nel 410 sappiamo inoltre che nel 546 fu conquistata da Totila, re degli Ostrogoti e nell’846 nuovamente distrutta dai Saraceni. Nel 1118 il pontefice Gelasio II ordina la restituzione del castello ai Terracinesi, i quali dovevano averlo quindi in custodia prima che fosse affidato da Pasquale II (1099-1118) al cardinale Ugo di Alatri. Quando i Frangipane s’impadronirono di Terracina, essi occuparono anche il Castello di S. Felice che nel 1203 ritornò in potere dei Terracinesi dopo che questi si furono liberati dal servaggio imposto dai Frangipane. Consegnata per ordine di papa Innocenzo III a Pietro Annibaldo, suo nipote per parte di sorella, nel 1207 la Rocca fu affidata di nuovo ai Terracinesi, i quali giurarono di difenderla e mantenerla a favore della famiglia Frangipane.
Da una pergamena conservata nell’archivio della Casa Caetani risulta che nell’anno 1259 i Cavalieri Templari del convento di S. Maria Aventino di Roma avevano il pieno dominio nella terra di S. Felice, con torre, case, vigne, territorio: dominio che cedettero al nobile di Terracina Giordano Vicecancelliere e Notaro di S. Chiesa, che era della famiglia Pironti, diramata da quella dei Conti.
Il 3 febbraio 1270 gli uomini del Castello di S. Felice giurarono sui vangeli perpetua fedeltà alla città di Terracina di cui ottennero la cittadinanza.
Dai Pironti passata agli Annibaldeschi, potente famiglia romana nel 1301 Riccardo degli Annibaldeschi vendette il Castello di S. Felice colla sua Rocca, vassalli, territorio col mero e misto imperio e il Lago di Paola a Pietro Caetani, nipote di Bonifacio Vlll. Da quell’epoca la famiglia Caetani continuò ad esserne padrona per più di quattro secoli, sebbene varie volte l’abbia perduta o ne fosse spogliata nelle vicende delle lotte fra le potenti famiglie romane. Per breve tempo ceduta a re Roberto di Napoli, nel 1332 dai Caetani di Sermoneta passò ai Caetani conti di Fondi.
Nel 1403 la comunità di S. Felice, data l’esiguità del suo territorio, ottenne da papa Bonifacio IX l’uso di seminare una porzione del territorio di Terracina. Nel 1941 Alfonso d’Aragona in lotta con Eugenio IV entrò nello Stato della Chiesa, e dopo essersi impadronito di Terracina, assalì il Castello di S. Felice, lo spianò e distrusse interamente e costrinse parte degli abitanti a trasferirsi a Terracina. Occupato dalle forze di papa Pio II, i Caetani ebbero restituito il Castello da Niccolò V, eccettuato il sito dove una volta stava la fortezza, riservata in potere della Santa Sede, con espressa proibizione ai Caetani di edificarne un’altra senza il permesso della Santa Sede stessa.
Acquistato da papa Alessandro VI per la figlia Lucrezia Borgia, il Castello, che nel 1501 ebbe a subire nuove e vaste devastazioni dalle milizie di Federico di Napoli, ritornò ai Caetani nel 1506 con facoltà di ricostruire la fortezza. Nel 1562 Pio IV ordinò al cardinale Niccolò Caetani che fabbricasse a proprie spese quattro torri intorno al monte, a condizione che il loro armamento, le munizioni ed il presidio militare fossero a spese della Camera Apostolica.
Successivamente, per vendita o baratto il feudo passò ai Ruspoli ed agli Orsini, ritornando nel 1720 alla Camera Apostolica. Questa, nel 1808, per sopperire alle spese che doveva affrontare per la fornitura dell’armata francese, fu obbligata a venderlo a Sua Altezza il Principe Stanislao Poniatowski per il prezzo di scudi 86.000. Ma anche il Poniatowski, il quale aveva fatto molti miglioramenti nel palazzo baronale e nel palazzino di Paola, nel 1822 dovette restituire la terra di S. Felice alla Camera Apostolica alla quale rimase fino al 1870, quando divenne patrimonio dello stato italiano che successivamente l’alienò.
Durante il medio evo e fino alle soglie dell’età contemporanea, il Castello di S. Felice e le torri che lo circondavano ebbero importanza soprattutto per la difesa di quel tratto di costa e del mare prospiciente dalle incursioni dei pirati barbareschi. Infatti, ancora nel 1727, pirati tunisini, sbarcati all’improvviso, portarono in schiavitù 25 persone del Castello di S. Felice. Ma ben altra era la preda alla quale miravano. Lo sbarco avvenne il 3 maggio: il giorno precedente papa Benedetto XIII, in viaggio lungo la costa da Roma a Terracina, si era imbarcato di buon mattino a Torre Paola su una feluca pontificia, sfuggendo così, per puro miracolo, alla cattura.
S. Felice, data la sua funzione esclusivamente strategica, posta in un punto isolato del Lazio, segregata dal resto della regione da paludi e da boscaglie intransitabili, manca completamente di ogni manifestazione artistica.
Di qualche interesse è la Torre dei Templari che sorge sulla piazza principale della città. Ha la pianta quadrata caratteristica delle torri di quell’Ordine. La finestra a croce in parte occlusa, che si trova sulla facciata di levante è stata aperta evidentemente alla fine del ‘400. Annessa alla Torre e con essa comunicante era la Casa dei Cavalieri, la cui facciata presenta nel primo piano una serie di archi a tutto sesto presentemente chiusi per ricavarvi ambienti di abitazione.
Notevoli le torri in parte quadrate, in parte rotonde, che orlano il promontorio lungo il mare. Esse sono state costruite nei secoli XV e XVI per avvistare soprattutto legni di corsari barbareschi che infestavano le spiagge del medio e basso Tirreno.
Interessante la bella Torre rotonda di Paola, la quale ancora nella prima metà del secolo scorso venne fornita di nuove artiglierie.
CENNI TURISTICI SAN FELICE CIRCEO
Il monte Circeo (m.541), antica isola, s’innalza dall’incontro di due archi di costa pianeggiante, coi pendii precipiti avvolti da una pregiata macchia mediterranea. Il paese, ovvero il centro storico, è rivolto verso il Tirreno da un terrazzo del versante orientale del promontorio, ed è un luogo di vacanze balneari di ricercata eleganza. Storia, leggenda e mito si armonizzano perfettamente in questa piccola e antichissima località.
IL CENTRO STORICO
A 100 metri sul livello del mare, sul versante chiamato “Quarto Temperato”, sorge il borgo medievale di San Felice Circeo; nonostante l’aspetto medievale il paese ha origini romane, come testimonia la pianta del paese con reticolato a cardini e decumani.
I vicoli del paese, che si aprono su particolari piazzette e caratteristici scorci panoramici, brulicano di vita durante la bella stagione.
Passeggiando lungo le strade del paese, colpisce l’attenzione del visitatore il giardino pubblico e belvedere “Vigna la Corte”, uno tra i più bei punti di osservazione del litorale pontino. Alle spalle della piazza principale ( Vittorio Veneto) sorge il palazzo baronale, che per ben quattrocento anni è stato dimora dei Caetani, mentre deve al principe Ponyatowsky il rifacimento dell’ultimo piano e l’aspetto attuale.
Sulla stessa piazza L. Lanzuisi, si affaccia la Torre dei Templari che ospita ormai da tempo la Mostra permanente dell’Homo Sapiens ed Habitat.
La Torre dei Templari, in pieno Centro Storico, ospita la Mostra Permanente dell’Homo Sapiens ed Habitat, istituita nel 1978 per volontà del prof. Marcello Zei.
La mostra comprende quarantasette espositori didattici, nei quali sono illustrati i più significativi eventi dell’Era Quaternaria, con particolare attenzione al territorio Pontino ed al Circeo.
Il Museo è aperto al pubblico solamente nella stagione estiva, sono previste aperture straordinarie per le scolaresche e grandi gruppi.
Dalla vicina piazzetta G. Marconi, belvedere sul mare fino all’arcipelago Ponziano, e sulla Pianura Pontina.
All’acropoli di “Circeii” (m. 300), km 2,5 dalla porta d’ingresso del paese salendo a destra: sul panoramico piazzale sono ancora visibili i resti di antiche mura poligonali, con due cortine di blocchi ben squadrati verso l’esterno.
Le mura Ciclopiche risalgono al IV secolo a.C., hanno un perimetro di circa due ettari e costituivano la cinta muraria dell’antica Acropoli di Circeii. Le mura, realizzate in opera poligonale, sono composte da enormi blocchi di pietra calcarea, perfettamente lisce nella parte esterna, rendendole così meno vulnerabili alle incursioni, ma completamente grezze dall’altro lato. All’interno dell’area è ancora presente una grotta ipogea, una cavità a forma di cono che si estende nel sottosuolo, probabilmente un antico pozzo.
Grazie alla sua collocazione a circa 300 metri sul livello del mare, la visita all’Acropoli permette di ammirare uno splendido panorama su tutta la pianura sottostante con i laghi costieri, la foresta, il mare e le isole pontine.
Grotte
Alla grotta delle Capre, km 2,5 a sud-ovest, seguendo la strada del Faro, poi via Grotta delle Capre: è la più nota tra le numerose grotte che si aprono alla base del Circeo.
Sulla spiaggia, entro il recinto dell’albergo Neanderthal, si trova la grotta Guattari o di Neanderthal, in cui è stato rinvenuto il teschio umano contemporaneo dell’uomo di Neanderthal.
Torri papali
Al faro di torre Cervia, km 3 a sud-ovest per strada panoramica che, tra giardini e ville, corre alta sul mare lungo il versante meridionale del promontorio.
Fu costruito nel 1866 per volontà di Papa Pio IX, rimanendo a lungo l’unica costruzione della zona. La parte adiacente alla struttura è abitata dal custode civile del Faro, sebbene sia sotto l’amministrazione della Marina Militare Italiana
Alla torre Paola, km 7 a nord-ovest, all’estremità occidentale del promontorio del Circeo. Con accesso dalla litoranea di Sabaudia, è una torre di guardia eretta da Paolo III nel sec. XVI presso l’emissario del lago di Sabaudia. Nei pressi, poco più a sud, la grotta della maga Circe, cui si accede solo via mare.
Il Parco Nazionale del Circeo
Il Parco Nazionale del Circeo, istituito nel 1934, attualmente ha un’estensione di circa 8.500ha e comprende zone diversamente caratterizzate fra di loro.
La Selva di Circe
La Selva di Circe rappresenta la più estesa foresta naturale di pianura presente in Italia.
Si estende per 3.300 ha circa, mantenendo alcune delle peculiarità dell’antica foresta, la Selva di Terracina, che, prima della bonifica degli anni trenta, ricopriva oltre 11.000 ha.
La foresta oggi è ancora un ecosistema ricchissimo ed estremamente vario.
Caratteristiche, ad esempio, sono le “Piscine”, aree paludose che si formano spontaneamente per accumulo di acqua piovana ed affioramento della falda e le “Lestre”, zone su cui un tempo gli abitanti stagionali edificavano i loro precari villaggi.
Nella foresta esistono tre aree di Riserva Naturale Integrale: la Piscina delle Bagnature, la Piscina della Gattuccia e la Lestra della Coscia.
Tutta la foresta è visitabile tramite una rete di sentieri sia pedonali che ciclabili.
Percorrendoli, nello spazio di una passeggiata, s’incontrano specie vegetali tipiche di aree continentali, quali il Cerro, il Frassino, la Farnia e specie tipicamente mediterranee, quali il Leccio, l’Alloro, la Sughera, il Pino marittimo, le Palme, le Palme Nane e l’Eucalipto.
Questa foresta infatti è un punto d’incontri di specie vegetali appartenenti a realtà climatiche diverse.
Il sottobosco è ricchissimo di specie, molte delle quali producono bacche e piccoli frutti, come: Biancospino, Prugnolo, Melo e Pero selvatici, Corbezzolo, Erica arborea, Fillirea, Pungitopo, ecc. e da ciclamini autunnali.
La presenza di bacche e frutti, unita alla protezione offerta dalla fitta vegetazione, attira numerose specie di uccelli canori.
Particolarmente ricca e pregiata è, nelle stagioni favorevoli, la presenza di funghi, la cui raccolta è regolamentata e controllata.
Per le sue caratteristiche, nel 1977, la Foresta Selva di Circe è stata dichiarata “Riserva della biosfera”, nell’ambito del programma M.A.B. (Uomo e biosfera), patrocinato dall’Unesco.
La fauna del parco del Circeo
La fauna oltre alle numerose specie di uccelli stanziali e migratori, è rappresentata da mammiferi tipici dell’area mediterranea (cinghiale, lepre, daino, tasso, riccio, volpe, faina, donnola, ecc), rettili (biacco, natrice, vipera, testuggine di terra e palustre), anfibi (tritoni, rospi e rane).
Tra gli uccelli nidificanti si trovano: la tortora, il cuculo, l’upupa, l’allocco, la civetta e ben tre specie di picchi.
Molto numerosi ed interessanti gli insetti, in particolare: coleotteri e farfalle.
Isola di Zannone
L’unico approdo all’isola di Zannone è costituito dall’attracco naturale del varo.
Da qui l’isola può essere percorsa esclusivamente a piedi, attraverso una rete di sentieri che consentono di raggiungere gli ambienti più caratteristici.
In circa 20 minuti si raggiunge la casa di custodia nei pressi della quale si trovano i ruderi di un antico monastero benedettino.
Altre mete
Altre mete importanti sono: il faro di Caponegro e il Monte Pellegrino, dall’alto del quale è possibile vedere tutto l’arcipelago ponziano (Ponza, Ventotene, Palmarola, Santo Stefano).